Anne Brigman (1869 – 1950), fotografa, poeta, critica d’arte, alpinista, promotrice dell’Art&Craft e in qualche modo pioniera delle avanguardie che stavano per affacciarsi sul secolo. Oggi scopriamo qualcosina su di lei.
Nata Anne Nott, nel 1869, alle Hawaii da una famiglia di missionari inglesi, si trasferisce in California all’età di 16 anni. Nel 1894 sposa Martin Brigman, marinaio della marina militare.
Prima pittrice, poi poetessa e, infine, fotografa.

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La fotografia come strumento di emancipazione
Anne Brigman nasce e cresce a O’ahu, dove l’educazione vittoriana, patriarcale e colonialista dell’alta borghesia e le tradizioni culturali hawaiane si fondono nel suo sviluppo. Lei elabora un’estetica ben precisa che fiorisce con il trasferimento a San Francisco. La fotografia le ha dato il potere di inserirsi, in quanto donna, in un contesto artistico ovviamente predominato da uomini.
Le prime fotografie, di inizio Novecento, sono paesaggi e ritrattistica femminile in pieno stile vittoriano: le donne erano giovani eteree e circondate da fiori, oppure madri, unico grande ruolo di genere. Tuttavia, sembra che queste uniche due grandi narrazioni femminili non siano sufficienti per Anne Brigman.

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Natura mistica, nudo pagano
C’è un richiamo più grande dei ritratti impostati con i vasi dei fiori e, una volta trasferitasi in California, per Brigman è stato impossibile non cedervi. La sua infanzia alle Hawaii, seppur consapevole della dicotomia tra l’ambiente e la sua educazione colonialista, le aveva lasciato un senso di misticismo e di spiritualità da rintracciare nei paesaggi naturali californiani, da San Francisco, città multiculturale, alla Sierra Nevada.
I paesaggi drammatici e intensi della Sierra l’hanno ispirata per creare, attraverso le immagini, una rappresentazione “pagana”, come la definiva lei, del rapporto tra corpo e natura. Il suo paganesimo era un modo di intendere tutte le spiritualità religiose passate e presenti che potessero indagare questo legame.
Gli alberi, in particolar modo, sono gli elementi che più restituiscono l’idea di “lotta interiore”, con le loro nervature, curve e torsioni, stagliandosi a volte dritti, a volte piegati, ma sempre eleganti, nel paesaggio. In questa visione, le foto generano creature ibride tra uomo e alberi, in una grande performance che non si esauriva nello scatto, ma faceva parte di tutto il processo creativo.
I modelli e le modelle che Brigman ingaggiava non erano mai professionisti, ma persone che conosceva e di cui si fidava – e lei stessa. A proposito dei suoi autoritratti, nel video che vi linko a fine articolo c’è un aneddoto molto curioso e significativo: un incidente domestico le ha causato la rimozione del seno sinistro. Parlando di rappresentazioni femminili, una mutilazione del genere sarebbe bastata a qualunque modella per far cessare la propria carriera – per volontà o coercizione -. Anne Brigman, invece, trova in questa un’ulteriore motivazione a posare, un modo per appropriarsi di una narrazione peculiare, soprattutto personale, di raccontare il rapporto con il corpo e lo spazio circostante.

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Il circolo di donne di Alfred Stieglitz: nudo erotico ≠ nudo mistico
Negli stessi anni in cui Anne Brigman sviluppa la sua poetica fotografica, Alfred Stieglitz (1864 – 1946), fotografo, gallerista e fondatore dei “Foto-secessionisti”, la intercetta e ne ammira l’operato, pubblicando i suoi lavori nella rivista “Camera Work” e proclamandola membro onorario del gruppo. In questa maniera Anne Brigman si inserisce in un contesto molto diverso dall’originario, ma che a tutti gli effetti la rende pioniera dell’era moderna.
Stieglitz, nella sua galleria di New York “291” sulla Fitfth Avenue, non ha solo pressato affinché la fotografia venisse annoverata e riconosciuta come arte visiva, ma ha contribuito a costruire l’idea di “donna moderna” che poi avrebbe fatto presa, con le avanguardie. In questo senso Anne Brigman diede sicuramente il volto della donna emancipata e aprì la pista a persone come Georgia O’Keeffe, che avrebbero preso il testimone, una decade dopo.
Il contributo di Alfred Stieglitz è stato fondamentale e prezioso per il riconoscimento di Anne Brigman, eppure oggi possiamo spingerci a unire più punti e vedere le contraddizioni ben note quando parliamo di mondo a misura di uomini, fatto dagli uomini. Stieglitz riteneva le foto di Brigman fortemente erotiche, con una rappresentazione del nudo inconsueta e per questa innovativa.
Ma Brigman era di tutt’altro parere: le sue fotografie – ritratti e autoritratti – non avevano alcuno scopo erotico. Sicuramente una carica sensuale esiste, come esistono tutte le energie vitali, nelle sue composizioni: alcune gioiose, altre cupe e malinconiche. Ma il nudo aveva l’intento narrativo di azzerare il più possibile la differenza tra corpo e natura, togliendo i filtri sociali (e socializzati). Vendere quelle foto come erotiche era una forzatura che non apparteneva all’idea che la loro creatrice aveva per loro. Male gaze anyone?
Di parole, immagini e devozione
Un anno prima di morire, rientrata in California, Brigman ha scritto un libro di poesie dal titolo “Songs of Pagan”. In questa raccolta di poesia e fotografie, che qui trovate come scannerizzazione consultabile, si evince la fortissima devozione di Brigman per la natura e per gli spiriti che la animano. Le sue foto riprendono l’iconografia mitologica di nereidi, ninfe e fauni, teatranti in un’atmosfera sospesa nel tempo, come dentro un misterioso incanto.

El Canon Grande
Vast, pulsing silences
Rise from shadow-riven deeps
Of purple canons.
Dark cedars cling at breathless heights
To rocky scarp and battlement
Where morn and night flow by
In endless festival of rain and sun
And thunders chaunt their growling fugues
Among the hoary peaks
Who brood aloof, serene…
Robed in canonicals of violets and flame.
A.B
Fonti
Anne Brigman: a visionary in modern photography
Anne Brigman
Introduction from Anne Brigman: the photographer of the Enchantment