Tra le gambe di Baubo – cybermito sessuale

la camera di valentina
tempo di lettura: 6’56”

Conosci il mito di Baubo? Oggi lo riscopriamo un po’, aggiornandolo con le esigenze di una futura educatrice sessuale.

La Storiella Zozzerella Originaria: Baubo e Demetra

[così detto, sollevò il peplo e mostrò tutte le oscenità del suo corpo;
il fanciullo Iaccho c’era, e, ridendo, agitava la mano sotto il seno di Baubo;

la dea, allora, sorrise, sorrise nel suo cuore,
e accettò la coppa dai colori cangianti, in cui si trovava il ciceone]”

“Protreptikos pros Ellenas”, Clemente Alessandrino, II-III secolo; in “Osceno, risibile, sacro: Iambe/Baubò, Hathor, Ame-no-Uzume e le altre“, Massimo Bonafin, l’immagine riflessa n.s.14 (2005), Bonafin

Long story short [espressione inglese per dire “in breve”]: Persefone, figlia di Demetra, viene rapita da Ade, dio degli inferi, per farne la sua sposa. Demetra, dea della fertilità e delle stagioni, sempre più addolorata e disperata, cerca in lungo e in largo la figlia. A questo punto il mito inizia già a diramarsi in più strade, sviluppi e interpretazioni: ci sono versioni che dicono che Demetra giunge a Eleusi alla corte di Celeo e Metanira e che Baubo fosse solo una serva, c’è chi dice che Baubo/Iambe (altro nome della Dea) fosse lei stessa regina; altre versioni dicono che Baubo fa quanto segue perché solidale, altre perché offesa; sta di fatto che Demetra era troppo triste per bere o mangiare. 

Baubo decide allora di fare qualcosa di assolutamente inaspettato: alza la gonna e le mostra i genitali. Colta di sorpresa, Demetra sorride piano piano, fino a quando il sorriso non si libera in una fragorosa risata, sciogliendole i nervi e permettendole di mangiare e rifocillarsi prima di riprendere la ricerca dell’amata figlia. 

L’osceno, il turpiloquio e la risata: gli strumenti del mestiere

[…]Sarebbe dunque il riferimento al sesso, l’oscenità verbale, a essere tematizzato nel motteggio dell’ancella, ad agire in quanto violazione, forse ritualizzata, di un interdetto culturale, suscitando il riso liberatorio e rivitalizzante della dea.[…]

“Osceno, risibile, sacro: Iambe/Baubò, Hathor, Ame-no-Uzume e le altre, Massimo Bonafin, l’immagine riflessa n.s.14 (2005), Bonafin

Perché, se doveva essere in breve, ho accennato alle variazioni? Perché queste ci restituiscono due facce della stessa medaglia che sono fondamentali per il lavoro in LCDV

Sappiamo che Demetra scoppia a ridere, che la risata scioglie i nervi e che grazie a essa continua la sua ricerca. Ma cos’è che fa ridere Demetra? 

I due nomi della dea sono significativi: se decidiamo di chiamarla “Iambe” ci avviciniamo di più alla versione del mito che vuole la dea offesa dal rifiuto di Demetra e che oltre allo scoprirsi dice cose oscene e volgari, cogliendo di sorpresa l’altra che scoppia a ridere; se invece vogliamo chiamarla “Baubo” Demetra ride perché deliziata dal denudamento che è sì sorprendente, ma soprattutto comico

Baubo, di cui le descrizioni si perdono nelle interpretazioni/traduzioni – una dea bislacca e grottesca con la faccia sulla pancia e la vulva al posto della bocca – si esibisce nuda per Demetra e facendo ciò compie un atto osceno. È dunque l’oscenità del gesto che fa ridere o la sua carnevalizzazione? Demetra ride perché è scioccante o perché è divertente?

illustrazione composta da Gea di Baubo in primo piano, sulla destra. Dai suoi capelli escono diversi oggetti usati per il sesso atipico

la camera di valentina
[alt text]illustrazione composta da Gea di Baubo in primo piano, sulla destra. Dai suoi capelli escono diversi oggetti usati per il sesso atipico

Per quel che mi interessa, mi prendo tutto: l’osceno, lo spavento, il turpiloquio, la risata, il rilassamento, la sorpresa. 

Nelle feste rituali per Demetra c’erano momenti dedicati ad azioni volgari e oscene a cui si poteva assistere e partecipare solo in quanto donne; c’è un patto segreto di sicurezza e custodia che ereditiamo da queste due dee per il quale lo scambio di zozzerie è una benedizione; allora accettiamo questo dono così come ci viene dato: misterioso e plurivalente

La costruzione di uno spazio di sessualità esperita e felice è uno spazio dove è concesso di lasciarsi andare; il mito di Baubo che attraverso l’oscenità scioglie i nervi non ci racconta nulla di distante dalla masturbazione, dal benessere erotico e dalla pornografia; della scoperta delle fantasie sessuali e della possibilità di metterle in gioco; del parlare scorretto, volgare e disdicevole, che sia durante il sesso o nel mentre di un discorso che ci appassiona (l’erotismo, d’altronde, non appartiene solo alla sfera sessuale).

Immaginate un luogo così, un luogo del genere (o degenere): lo immagino anche io sotto gli occhi complici di Baubo. 

la fuga della mia Baubo: derubare il sacro femminino

Sì, parlo a te che hai già pronto tra le mani “donne che corrono coi lupi”: non sei tu a cui mi rivolgerò, ma grazie di essere qui perché è una buona cosa che tu mi veda partire da qui con la nostra Baubo, mentre te la porto via, un furto sott’occhio che non ha intenzioni malevole.

Tutto il mitologema delle divinità femminili, alcune di queste occidentalizzate purtroppo anche con un’appropriazione culturale liscia e senza intoppi, è un racconto affascinante, sentito e pieno di archetipi rivelatori davvero arricchenti e interessanti, ma è un racconto che a me non basta più, né come persona né come educatrice sessuale

Per me è importante costruire un discorso che non sia solo per le soggettività egemoni, ma anche e soprattutto per quelle invisibilizzate; parlare di una sessualità che sia solo quella cisgenere ed eterosessuale non rientra nei mie interessi. In questo senso, per quanto indubbiamente affascinante, trovo a volte poco interessante tutta quella cultura spirituale che parla di Grande Dea Madre, del Sacro Femminino e dell’energia “intrinseca nella donna”. Mi sembra uno spreco del potenziale dell’archetipo che si ancora al genere quando potrebbe travalicarne anche il corpo –  e anche un gesto desueto e stantio, soprattutto di ‘sti tempi. 

Inoltre – manco a dirlo – diventa pericoloso per chi cerca terreni escludenti e stigmatizzanti, tipo le derive di “sessismo new age” (l’energia maschile è quella attiva, aggressiva adatta al lavoro quella femminile è di cura, delicata, ecc…)  o la trans*esclusione delle persone di genere non conforme. 

Detto ciò: ho letto Clarissa Pinkola Estés e gli episodi dedicati a Baubo hanno un posto speciale nei miei ricordi. Ma Baubo è una dea solo per le donne (cis) selvagge? Io ho motivo di credere che no

illustrazione composta da Gea di Baubo in primo piano, sulla destra. Sulla sua testa le state classiche e rappresentazioni di arte moderna di Demetra, Eros, Afrodite, Dioniso

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[ALT TEXT] illustrazione composta da Gea di Baubo in primo piano, sulla destra. Sulla sua testa le state classiche e rappresentazioni di arte moderna di Demetra, Eros, Afrodite, Dioniso

Il piccolo pantheon di divinità queer e di mostri

L’Antica Grecia non è esattamente la civiltà più queer friendly che abbiamo di riferimento, checché se ne dica dei rituali sessuali tra maestri e giovani allievi, però ci ha regalato un pantheon di divinità queer che ancora oggi conservano un grande dono da darc. 

Il mio tentativo di condurre Baubo fuori dal solo confine della donna cis, perciò, non mi risulta particolarmente faticoso: la dea panciuta è attrezzata di suo della più agile abilità di rompere tutti gli argini.

Prima che si perdesse il suo culto – o perché tramutato in riti simili inerenti alla ciclicità e al sesso, o perché dimenticato – Baubo rientrava nelle pantheon della fertilità, tra cui, oltre la sovracitata Demetra: Dioniso (dio dell’estasi [e delle zozzate]), Afrodite (dea dell’amore [e delle zozzate]), Ermafrodito (essere androgino, figlio di Ermes e Afrodite), Eros (dio dell’erotismo [cioè delle zozzate]), Ilizia (dea protrettrice del parto), Priapo (questo te lo lascio googleare, se non lo conosci).  

C’è un’altra ipotetica rappresentazione/traduzione di Baubo, che la vede come cane demoniaco di Ecate, dea della magia e dell’oscurità; ne “l’inno orfico a Ecate” vengono menzionate Ecate, Medusa e Baubo, quest’ultima descritta come una rospa spaventosa.

[ALT TEXT] illustrazione composta da Gea di un rospo con i capelli di Baubo. La vignetta recita "ho una teoria gender e non ho paura di usarla"

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[ALT TEXT] illustrazione composta da Gea di un rospo con i capelli di Baubo. La vignetta recita “ho una teoria gender e non ho paura di usarla”

Estasi, desiderio, superamenti dei confini binari del genere, fertilità (mentale, creativa, ancora prima che fisica), energia sessuale, piaceri carnali; ma anche orrore, disgusto, terrore e paura, tanto dell’ignoto quanto dell’inaspettato: tutte queste declinazioni della sessualità e dell’identità sessuale incarnate in figure mitologiche che portano storie, questa è la comitiva di Baubo e questo vorrei portare con me. 

La dea che parla attraverso la vulva non si rivolgerà più solo a chi una vulva ce l’ha, ma a chiunque abbia il desiderio e il coraggio di essere oltraggiosa/u/o e disdicevole, purché libera/u/o, che poi è proprio ciò che possiamo portarci da una vulva di proporzioni mitologiche come quella di Baubo. 

Baubo e la carnevalizzazione delle sesse[*]

Insomma, questo revival della mythological kiddo perché? E perché oggi?

Oggi è il Martedì Grasso e si conclude la settimana di Carnevale, che è la festa delle feste delle sovversioni

Carnevalizzare significa questo, sovvertire attraverso il comico e il grottesco ciò che è la realtà.
Mi sembra un ottimo auspicio per il mio futuro lavoro e Baubo, questa dea-mostro, forse comica, quasi certamente oscura, mi sembra la guardiana migliore e la maschera più corretta da indossare. 

Che l’Osceno sia con voi, buon Carnevale della vita vostra. 

[*] “le sesse” è un termine inventato bazzicato in questi schermi per includere identità di genere, orientamento sessuale, identità sessuale e pratiche sessuali tutte in un’unica formula

Per approfondire:
“Osceno, risibile, sacro: Iambe/Baubò, Ame-no-Uzume e le altre”, Massimo Bonafin
“Personified vulva, ritual obscenity, and Baubo”, Aynur-Michèle-Sara Karatas
“Antropologia religiosa” Alfonso M. di Nola

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