Ritorna dopo una lunga pausa il letto più hot del web: non sempre comodo, ché ci serve sia un po’ urticante. Ma restituisce sempre un’esperienza. Oggi sotto le lenzuola: @moon.dezza!
Innanzitutto: perché “moon.dezza”?
È un nome campato lì, un po’ perché fa ridere, un po’ perché mi rappresenta. Fuori c’è lo schifo, dentro la luna, la poesia, forse il sentimento. È un po’ una roba da poeti maledetti, me ne rendo conto.
Nella tua bio c’è scritto “spazzatura femminista”. Cos’è la spazzatura femminista?
Una delle cose che mi capita di ribadire più spesso è “io non faccio informazione”. La pagina nasce dalla volontà di coprire altri aspetti, più schietti, forse più difficili da mandare giù, legati al mio (e non solo) percorso femminista. Questo vuol dire scavare in posti scomodi, sì, ma anche lasciare spazio alla schiettezza, al trash, ai sondaggi stupidi.
Io sono fatta così: riesco a prendermi sul serio fino a un certo punto; poi mi stresso. La pagina è il luogo in cui butto storie, emozioni, tutto quello che mi passa per la testa.
Da quanto tempo disegni?
Da sempre e sempre male: per i post ricorro ad una trafila di passaggi che rendono la comunicazione più completa e orizzontale. Penso che, nel caso di moon.dezza, il punto non sia tanto il disegno quanto l’opera totale.
Crei le illustrazioni che sono a metà tra ritratti e grafiche e le accompagni con dei testi (con tanto di minutaggio per il tempo di lettura): nella tua esperienza quali dei due elementi arriva prima, alle persone?
Dipende dal post: è facile intuire quando una grafica nasce puramente come “copertina” per un testo, anche se cerco di porre contenuto visivo e testuale quanto più possibile sullo stesso piano. Va da sé che storie come quelle di #PersoneRotte tendano a colpire molto più della grafica che le accompagna. I primi mesi della pagina erano totalmente affidati alla componente visiva (“FISCHIA ANCORA CHE TI ASFALTO” è forse stato quello che ha maggiormente coinvolto lx utentx).
Come ti sei approcciata ai temi che affronti e come li hai fatti tuoi, attraverso il tuo stile, nel tempo?
Ho subito violenza quando avevo 18 anni. è inutile fingere che moon.dezza non esista, in fondo, per questo motivo: non mi sarei mai approcciata al femminismo se non avessi avuto la prova tangibile che c’era qualcosa di marcio; non avrei mai avuto la forza di guardarmi dentro se non avessi dovuto iniziare la terapia; non avrei mai avuto il coraggio di raccontarmi per lo stesso motivo.
La pagina nasce dal desiderio di liberarmi da un po’ di marcio, con grafiche semplici, dirette, un po’ cazzone; man mano che mi rendevo conto di avere davvero qualcosa da dire, lo stile semplice ha lasciato spazio a idee sempre più complesse.
La grafica deve essere tendenzialmente sintetica e bella da vedere, anche se ingenua o imperfetta. Sono le piccole cose, a fare la differenza: il sorriso stanco di “SONO NATA PUTTANA”, i giochi di ombre, forse un leggero senso di sporco in più nelle ultime grafiche. Mi piace che la grafica sia piacevole, ma che non accontenti del tutto.
I messaggi contenuti nelle tue illustrazioni sono mirati e molto impegnativi, mentalmente ma soprattutto emotivamente. Ci sono state volte in cui hai detto “sarebbe bello non doverne parlare più”?
Parlare di me è semplice, sono abituata a gestire i miei fantasmi e la pagina è parte della mia terapia. Al di là dell’interazione con lx utentx, i post che mi hanno messa più alla prova sono quelli di #PersoneRotte: le storie che mi vengono raccontate devono necessariamente entrarmi dentro, perché il messaggio passi nei post. Certe volte mi sento stanca, sì, ma il gioco vale la candela: le persone che racconto sono meravigliose, le loro storie preziose, e prestare loro la mia voce è un onore. Va anche detto che un lavoro del genere richiede un ascolto profondo di se stessx, per evitare burnout e continuare a lavorare. Tra il primo e il secondo #PersoneRotte sono passate 3 settimane, e baderò sempre di riposarmi tra un post e l’altro.
Chi sono o chi rappresentano le ragazze delle tue illustrazioni?
Ho sempre visto i corpi come storie, e in quanto tali imprescindibili dalla persona che li abita. Per lo più ci sono io, i miei pensieri, il mio quotidiano; una delle comparse più frequenti è Clarissa, che ha inaugurato #consenso, #ParoleCheFannoMale e #PersoneRotte. Il suo lavoro e la sua storia mi completano.
Alcune ragazze le conoscevo già e hanno accettato di lavorare con me, altre provengono da progetti Instagram assimilabili al mio. Scelgo lx possibili modellx tra chi è più propenso a raccontarsi, ad esempio, tramite risposte a storie e sondaggi.
Che ruolo ha il sesso nella rappresentazione di moon.dezza?
Dietro al sesso c’è sempre qualcosa. Alle pose più sensuali sono accostate frasi insofferenti o di protesta; i corpi rappresentati sono voluttuosi, ma non lasciano godere fino in fondo della loro bellezza. Non si arrendono ad essere semplicemente guardati. Ti posso eccitare, posso essere eccitatx, ma non per questo sono alla tua mercé.
Lo stesso vale per post come “IO MI BENEDICO”: non si parla di sesso in sé, ma di emancipazione.
Come ha reagito il pubblico, finora?
Bene. Quello che mi entusiasma è vedere quantx si siano affezionatx/ si affezionino rapidamente alla pagina. Moltx utenti ringraziano per il progetto che sto portando avanti, magari raccontando la loro esperienza; c’è un senso di importanza condivisa.
Raccontaci di #PersoneRotte e di altri progetti futuri, se ce ne sono.
#PersoneRotte è IL progetto. Dopo aver subito violenza, mi sono confrontata con un’incessante catena di persone che non erano informate sulle premesse, la sostanza e le conseguenze di questo tipo di trauma. Sono trascorsi mesi prima che incontrassi qualcunx in grado di farmi percepire tutto quel dolore come valido, o anche solo di segnalarmi che quella che avevo subito era a tutti gli effetti una molestia. Dopo quattro anni, ho iniziato la terapia.
Poi è successo anche a Clarissa (quasi sotto i miei occhi). Come me, lei stava male senza comprenderne realmente il motivo; ne abbiamo parlato, immediatamente, e ha compreso la natura di quello che le era successo. Ha iniziato immediatamente la terapia – non sto qui a ribadire quanto sia importante ricevere immediatamente le dovute attenzioni dopo un evento del genere.
L’ultima goccia è stata Iris (“SONO NATA PUTTANA”), che mi ha detto chiaro e tondo nei DM quanto le storie che raccontavo le avessero fatto capire di aver buttato tutti i suoi traumi sotto al tappeto.
#PersoneRotte è un po’ questo: sentirsi capitx leggendo una storia, rendersi conto, di punto in bianco, che tutti quei “Eh ma era ubriacx”, “Ma dai non è niente”, non ci bastano. È normale starci di merda, non è normale il motivo per cui ci sentiamo di merda.
L’altra faccia della medaglia è il racconto in sé: è difficile dare un senso a una molestia. È difficile pensare “questo dolore porterà a qualcosa”. Raccontarsi, fare sentire qualcunx meno solx, trasformare il dolore in un messaggio (a volte, in una richiesta d’aiuto) sono le vie più immediate per l’elaborazione.
In futuro mi piacerebbe dare uno sguardo al mondo della musica, ma questo è ancora un segretino (shh)