Il lettone oggi si sposta in Brasile, per accogliere e incontrare un’artista che viaggia tra performance e fotografia in modo affascinante: Lírio Valente
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Per cominciare, una breve presentazione: chi è Lírio Valente?
Mi crederesti se ti dicessi che non sono di questo mondo, perché ricordo di provenire non da uno, ma molteplici gusci di vite precedenti concatenate in maniera infinita, come un enorme vulva vestita di nuvole colorate, tempestosa e bagnata, molto tempo prima della mia nascita sulla terra?
Lírio Valente è il corpo di una piccola donna, chirurgicamente dissezionato dai tabù della società, e la sua condizione erotica e umana. Il linguaggio poetico – letteralmente parlando – è esso stesso il tavolo chirurgico dove ci si apre e si vedono le proprie interiora. L’atto fotografico è il bisturi. Strato narrativo dopo strato, dalla possibilità di lettura del dualismo di genere all’atto sessuale, questo riceve l’osservatore e Lírio Valente è la messa in scena che nasce da tutto ciò.
Da quanto tempo fai fotografia?
Sono sempre stata sensibile alla meccanica fotografica, fin da quando ero bambina, sono sempre stata affascinata da come sia possibile congelare il tempo e lo spazio tramite un solo movimento: lo sguardo.
Il primissimo contatto è stato all’età di 5-7 anni, con l’analogica di mia madre. Dal punto di vista professionale, ho iniziato a studiare all’età di 15 anni. A quel tempo avevo già delle abilità sviluppate grazie alla mia curiosità d’infanzia e non mi sono mai ritrovata nell’estetica commerciale, ero già decisa a fotografare la pelle, o qualche parte del corpo. Cercavo di avere una mia propria narrativa, oltre a imprimere un momento.
E a parte la fotografia, hai mai utilizzato altre tecniche?
In effetti sì, la fotografia è uno dei miei strumenti. Ho una laurea in Arti Drammatiche, e alla fine ho intrecciato la mia carriera con le arti performative.
In parole povere, il linguaggio e la tecnica che io cerco è la performance, dato che mi permette di unire tre sfere che mi interessano: la poesia, l’autoritratto e il teatro.
Il lavoro che le persone seguono tramite il network è solo un terzo del lavoro effettivo: quello finale è un’esperienza erotica che prende luogo in uno spazio scenico, a sua volta assemblato tutto insieme: un’azione performativa, più un’esposizione di autoritratti (anch’essi composti scenicamente).
L’installazione è una performance che può durare da 30 minuti a 4 ore, dipende l’evento. Lo spazio permette alle persone di muoversi liberamente, le quali sono benvenute nel loro ruolo di passanti.
Alla fine, io carico la registrazione di tutta l’azione.
Ci sono artisti da cui trai ispirazione?
Ci sono movimenti artistici che mi interessano molto e che sicuramente hanno attraversato e influenzato il mio modo di percepire il mondo. Il quartetto del cuore:
Cindy Sherman, un’artista perfomer di autoritratti che indaga le questioni sociali delle donne.
Anais Nin, uno dei miei più grandi riferimenti per la letteratura erotica. Rascunhos de Revolução, il mio poeta preferito che è diventato anche il mio partner nella vita. Avere l’opportunità di vivere di poesia con lui è, senza dubbio, il mio viaggio ispirazionale.
Dulcis in fundo: Antonin Artaud.
Come mai hai deciso di ritrarre te stessa?
Non è stata una decisione. Ho creduto e credo ancora sia un vero impulso, quando faccio autoritratti. Non dirò che è destino, un dono o misticismo, nonostante sia completamente innamorata della dimensione poetica e meravigliosa che questi ci aprono: è importante sottolineare che ogni cosa richiede molto studio e auto consapevolezza. Oltre alla tecnica, l’autoritratto pretende che si conoscano le proprie ombre.
Perché cosa diventa la fotografia – che significa letteralmente “disegnare con la luce” – se non un modo per vedere le proprie ombre?
Penso che questa sia la connessione anche con i miei lavori erotici: il mistero, le ombre, la dissezione di Lírio. Quello che non vedi nella foto è ciò che conta, dico bene?
In virtù di quanto detto sopra, quanto conta allora il corpo e la nudità, nel tuo lavoro?
È divertente quando mi viene fatta questa domanda, perché io credo che la nudità non dovrebbe essere tanto importante. Comunque so che viviamo in un mondo che fa del nudo un grande scandalo spettacolare: penso che l’importanza del nudo stia in questo che non nel lavoro in sé e per sé.
Il processo dell’imbarazzo nell’osservare ci dà uno spiraglio di qualcosa di diverso, un modo nuovo di vedere il corpo.
Penso che la nudità sia più rilevante per l’osservatore “costretto” che non per quello che lo analizza come materia politica, per esempio. Proprio per il fatto che una donna che dissezioni la sua natura erotica è già un atto politico in sé, guardare alla sua pelle è d’impatto: lei è tutte queste possibili interpretazioni. Sta all’osservatore cosa ne penserà. Dipende da te, ricevente, sia individualmente che socialmente.
L’erotismo ha modi diversi di apparire, in una composizione, e sembra che a te piaccia sperimentare. C’è un risultato che finora ti ha soddisfatto particolarmente?
Io vivo per questi esperimenti, sì. Quindi direi che il risultato finale che più mi entusiasma è quello che deve ancora venire. Questa risposta è la più sincera che ho.
Oltre a quelle teatrali, le post-produzioni animate che fai delle tue foto le trasformano in vere performance. Che mi dici di queste?
Che tutto ciò che faccio finisce per essere una performance, d’altronde è ciò che sono, no?
Ho tantissime mosse, ne avrò ancora per un po’ con l’ultimo lavoro che ho fatto: “Clouds: Sensitive Content Manifest”.
Questo lavoro consiste in un video di 15 secondi, la durata consentita su Instagram e Tik Tok: c’è questo autoritratto che viene diluito tra i colori, finché non diventa un frame astratto, come una nuvola colorata e senza forma.
È una serie nata a seguito della cancellazione del mio account @liriovalenteart, avvenuta per una seconda volta, tra l’altro, senza darmi la possibilità di ribattere in alcun modo.
Avevo due account instagram molto ricchi (100k) (17k) di contatti e amicizie fatte nel tempo, sono bastati due giorni per spazzare via tanto duro lavoro e tanta ricerca. L’hanno bloccato, l’equivalente della nostra identità digitale, ed è il portfolio per artisti indipendenti, come me.
La censura è stata giustificata dal fatto che i miei contenuti erano ritenuti troppo “violenti e impressionanti”, per la piattaforma. Così, mentre elaboravo quello che stava succedendo, ho traslato questa situazione di instagram dissolvendo la mia faccia, i miei autoritratti, di modo che tutto della mia identità venisse smantellato violentemente, fino a diventare una nuvola.
Dopotutto, non salviamo tutte le nostre informazioni digitale in un “cloud” (“nuvola”, ndt)?
La cosa più frustrante è realizzare che i miei contenuti sono “impressionanti”. Non c’era modo di controbattere a questa cosa, anche perché una volta segnalata, l’immagine viene sfocata.
Che farne, allora? Ho lasciato poi questa nuvola disponibile a tutti.
Infatti avevo visto che hai avuto a che fare con tantissima censura negli account principali, purtroppo è una cosa che accomuna moltissim* artist* erotici.
L’erotismo è considerato ancora una poetica molto marginale, soprattutto in Brasile. Credo che la censura su queste piattaforme è un sintomo di come blocchiamo la nostra espressività e umanità.
Io ho altri canali adesso: quello telegram, dove condivido il diario dell’artista, con le ispirazioni, gli studi e i processi creativi.
Sono tornata anche su instagram, ma con un altro account: liriovalente.art.
Fai anche dei fotoromanzi erotici ai quali è possibile abbonarsi, com’è nata questa idea?
Il fotoromanzo è un genere che andava fortissimo negli anni 70, qui in Brasile, ma con trame rivolte più al romantico e al melodramma.
“Wet Gloom” (oscurità umida) è un fotoromanzo erotico. È un racconto che si snoda tramite gli autoritratti, ispirato al periodo che stiamo vivendo, cercando di coinvolgere i lettori con la periodicità e la lettura.
Il progetto così com’è è nato dopo una drammaturgia erotica scritta col mio partner che si chiama “Diálogos da Carne”, una performance messa su da remoto, durante la pandemia. Ne abbiamo pubblicato qualcosa in diretta su Instagram.
Il successo è stato grandissimo, le persone hanno voluto seguire il resto. L’idea di pubblicare questo romanzo mi ha permessa di seguire due impulsi che avevo dentro, quindi ho coinvolto il mio partner e ci siamo detti: “andiamo?”.
Scherzo sempre sul fatto che “Wet Gloom” è un’esperienza che cambia il modo in cui percepiamo la nostra sessualità. Questo perché dai feedback dei lettori, che siano in Brasile o di fuori, l’idea è proprio questa. Cito un lettore che preferisce restare anonimo:
“Wet Gloom ha cambiato il modo in cui percepisco il mio corpo. Sono così felice di avervi incontrato, non posso più fermarmi, devo aspettare sempre il prossimo capitolo. In più, il mio rapporto e il mio dialogo con mio marito sono cambiati. Grazie, Lírio.”
La narrazione di Wet Gloom è costante: tra una coppia etero-cis e un altra persona che incanta con diverse sfumature di sessualità. In ogni capitolo lavoriamo su diverse tematiche sessuali, dai feticismi al BDSM, dal sesso tantrico fino all’ombrello dell’asessualità, perché l’erotico non è soltanto l’atto sessuale in sé.
Credo che in entrambi i lavori, “Diálogos da Carne” e “Wet Gloom”, il coinvolgimento con il pubblico sia tanto perché offre precisamente tutto ciò che è disponibile nella realtà, sia nella società che nel network.
si trova sia in inglese che in portoghese: http://www.catarse.me/lirioemrascunhos
Finora qual è stata la risposta da parte del pubblico? Come proseguirà in futuro il tuo lavoro?
Ho sempre tanti feedback diversi, è un fenomeno incredibile. Siccome il mio lavoro esiste solo grazie all’incontro con l’altro, io vivo in quell’incontro. Ci sono persone che scoprono le immagini e ritrovano la loro “vulva”, al nucleo dell’erotismo. A prescindere dal genere. Ci sono altri che scoprono un altro modo di percepire loro stessi e il mondo. Tutto ciò è affascinante, ogni incontro è unico e prezioso, per me, sono sempre felice quando qualcuno condivide con me la sua impressione.
Per il resto, non ho mai programmi per il futuro, solo per il presente.
Vieni a conoscermi?






