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Bentornatu ne “la parola dell’arte erotica”, dove scegliete il destino di questi articoli. Questi small bites di storia dell’arte hanno il gusto di capezzoli femminili. #Freethenipple ante litteram.

la camera di valentina
Helena Fourment o “La Pelliccia”, 1636/8, Peter Paul Rubens

Helena Fourment o “La Pelliccia”, 1636/8, Peter Paul Rubens

“Mi piaceva l’idea di sposare una donna che non arrossisce quando mi vede impugnare un pennello” [1]

Helena Fourment è stata la seconda, giovanissima moglie di Paul Rubens. Qui sembra ritratta in un momento sospeso, diremmo, forse, prima o dopo un bel bagno. Lei guarda dritta verso il pittore con uno sguardo complice e presente. L’ambiente volge verso l’oscurità caravaggesca che tanto affascinò Rubens e coetanei, un buio che sembra avvilupparsi sulla pelliccia la quale, abbracciando Helena, la fa risplendere, per contrasto, nella sua pelle bianchissima.

Non saprei decidere cosa sia più erotico, tra quel gesto, nella posa di Venere Pudica, di affrettarsi a coprirsi con la pelliccia e lo sguardo, invece, che induge e fretta non ne ha. Comunque sia, è lì, in quel gesto, che avviene la magia: il braccio che cerca il lembo del cappotto per coprirsi strizza e costringe i seni tra di loro, facendoli ancora più prosperosi; sembrano due mele raccolte tra le braccia.

la camera di valentina
Eros e Psiche, 1817, Jacques Louis-David

Eros e Psiche, 1817, Jacques Louis – David

Avete presente David, quello de “La Morte di Marat”? David il politico, David il simbolico, nel suo Neoclassicismo; ecco, David anche lui frivolo, di tanto in tanto. Di questo quadro leggerete che è la rappresentazione del conflitto tra amore idealizzato e realtà fisica, il che avrebbe una certa coerenza con il mito stesso di Eros e Psiche [2]; perdonatemi, però, se in questo rilassamento sbracato evidentemente post orgasmo io non vedo alcun conflitto. Eros, che in alcune versioni è rappresentato come un birbante viziato e pericoloso (ah, l’amour…) ha la faccia soddisfatta di chi s’è divertito parecchio. Psiche, dal canto suo, dorme al farsi del giorno, come da patto, ma direi che le sue guance confermano, per lei, lo stesso spasso.

Di David si conoscono le strutture architettoniche delle composizioni (trattava i corpi come monumenti); qui s’è sbracato pure lui, lasciando sempre un’intrinseca struttura geometrica ma spostando il centro dei due soggetti. Significa che il nostro sguardo è indotto a vagare, come la farfalla sopra Psiche, anima sua. Ma appena ci soffermiamo su i due amanti, l’erotismo ci colpisce senza intermezzi. Ed è lì, nella posa scomposta di Eros, che notiamo il suo braccio isolare e incorniciare il seno di Psiche, con il capezzolo rosso come le sue guance. Ed è con quel rossore che abbiamo conferma della sera di bagordi precedente. 

la camera di valentina
la camicia rosa I, 1927, Tamara De Lempicka

La camicia rosa I, 1927, Tamara De Lempicka

Sioru, siamo sintonizzatu su De Lempicka, potremmo fermarci qui: un’artista spregiudicata, pioniera del suo tempo; ogni sua pennellata massiccia nasce e muore nell’erotismo

Davanti a voi si presenta una donna distesa, tutto il peso del suo corpo sul braccio sinistro, appoggiato a un cuscino; la testa inclinata, gli occhi puntati verso l’alto, sembra guardare qualcunu. Il collo e le spalle possenti, il trucco anni 30, tutte firme inconfondibili di De Lempicka. Si capisce che siamo nel ventesimo secolo e che il pudore ha allentato la presa perché ci sono molti meno misteri, già nel titolo ci viene suggerito dove puntare l’attenzione: la camicetta rosa, cascata via da una spalla (spogliata, probabilmente), rivela dietro la seta trasparente due seni perfettamente tondi, con due capezzoli più rossi delle labbra. Sono così voluminosi e turgidi che non seguono neanche la geometria delle ombre, brillano di luce propria, bucando la tela. Ma cosa continuo a scrivere a fare, che lo so che non state leggendo più da un pezzo.

la camera di valentina
Sex Painting #1, 2009, Betty Tompkins

Sex Painting #1, 2009, Betty Tompkins 

Sì, lo so, vi prendo un po’ alla sprovvista. Betty Tompkins è l’artista di cui LCDV aveva bisogno: appartenente alla feroce ondata femminista degli anni ‘70 (dove le artiste rivendicarono il loro posto all’interno del sistema arte), sex positive, Tompkins si appropriò dell’immaginario del porno eterosessuale per mettere in discussione, tramite una tecnica e un processo creativo preciso, il ruolo della donna nella società e nel sesso. Quella che vedete non è una fotografia sfocata e piena di rumore: è un acrilico su tela. Betty Tompkins prendeva le immagini del porno mainstream, magari da delle riviste, le ritagliava, ne isolava i dettagli, li studiava, li ingigantiva e li riproduceva su tela. Il realismo con cui ci ritornano le immagini rende idea della bravura di questa artista. 

Questi close-up, che ben conosciamo guardando porno, riprodotti con questa tecnica rendono il dettaglio quasi irreale, senza contesto, permettendo di elaborare le idee di donna e del corpo della donna in una maniera totalmente inaspettata e innovativa: quella di soggetto del piacere. Questi osceni zoom courbettiani di tette, vulve e bocche vere mostrano il corpo per quel che è, senza bugie.

In questo quadrato 24×24, quelli che intuiamo essere due corpi compongono una geometria intima, poetica e armonica, di forme semplici e sintetizzate, eppure familiari: le rette delle dita, la curva del seno, le pieghe del torso e quel capezzolo, culmine scuro delle poche ombre (opposto, insomma, al quadro strillante di De Lempicka), sono, semplicemente, la realtà dei fatti, dei corpi quando fanno sesso. 

Era un porno, ora è una finestra sul possibile (…porno).

Vi aspetto alla prossima parola dell’arte erotica, per scoprire insieme in quali strani percorsi possiamo incappare, tra una zozzeria e l’altra.


note:
[1] Rubens in una lettera al suo amico Nicolas-Claude Fabri de Peiresc.
[2] il mito di Eros e Psiche, presente ne la “Metamorfosi” di Apuleio: Psiche era una ragazza bellissima; Afrodite, la madre di Eros, gelosa della bellezza della ragazza chiese a suo figlio di scoccare una freccia e fare in modo che Psiche si innamorasse dell’uomo più brutto della terra. Ma Eros sbaglia, pungendosi da solo e innamorandosi quindi perdutamente di Psiche. Per sfuggire all’ira della madre, Eros e Psiche si incontrano di nascosto, a patto che sia solo di notte cosicché Psiche non possa vedere in viso il suo amante (e così non svelare l’dentità del dio dell’amore). Spinta dalle sorelle, però, una notte, Psiche decide di svelare il volto dell’amante: si prepara una lampada a olio e, appena arrivato il dio, la punta in direzione di questo per scoprire finalmente il mistero. Il caso volle che una goccia di olio cadde su Eros ustionandolo, facendolo indispettire e andare via. Psiche insolente, fatti scopare e basta!
Fonti:
getdailyart.com
delempicka.org
clevelandart.com
bettytompkins.com
www.khm.at

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