Erano agguerrite, desiderose di rivalsa, creative. Hanno deciso di non mandarle a dire.
Come si seducono le donne?
“[…]Considerare la donna come una sorella del mare, del vento, delle nuvole, delle pile elettriche, delle tigri.[…] Le donne sentono colui che le desidera con maggiore prepotenza d’istinto.[…]Eroismo: ecco l’afrodisiaco supremo della donna!”
Vi vedo già surriscaldare, alleate e (pochi) alleati. Non è che l’inizio, ne leggerete delle belle.
Le parole riportate sono estratte da “come si seducono le donne”, libro pubblicato nel 1917, scritto da Filippo Marinetti mentre è in guerra.
Come già raccontato in “Sesso Manifesto 1”, l’erotismo e la sessualità erano forze vitalistiche e feroci, al pari della guerra, capaci di stravolgere il sistema.
In questa pubblicazione Marinetti, grande mansplainer, indica al Vero Uomo Futurista come conquistare quella che presumibilmente è la Vera Donna Futurista: lasciando perdere i sentimentalismi, prendendola animalescamente, poiché ella avrà sempre due occhi riguardo al suo grande – ma che dico – , enorme, poderoso… eroismo, tutto il resto viene meno.
Nella società maschilista e misogina dove i futuristi si formano, l’onore al merito di Marinetti e degli altri grandi del movimento sta nel fatto che avvenne quantomeno un tentativo di considerare la donna come soggetto pensante, non solo come oggetto. L’inciampo alla mansplaining sta nel fatto che per sapere come sedurre una donna, bisogna chiedere a una donna, no? E infatti:
Donne Futuriste alla riscossa
Sono tante, dalle professioni più disparate, ma prenderò a riferimento tre di loro: Benedetta Cappa, Rosa Rosà e l’immancabile Valentine de Saint-Point.
Quello che queste tre donne hanno in comune è di aver scritto e rappresentato, attraverso le loro opere, una nuova identità di donna. Con tutte le contraddizioni del caso – che vedremo -, fecero un’operazione significativa e rivoluzionaria. Presero, di prepotenza, il loro posto all’interno del movimento: decisero che non bastava più essere raccontate, descritte, rappresentate; piuttosto raccontare, descrivere, rappresentare.

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Benedetta Cappa (1897 – 1977) fu pittrice, scenografa, scrittrice e, non me ne voglia Amadeus, in ultimo moglie di Filippo Marinetti. Mentre nella pittura si allineò alle sperimentazioni dei colleghi sulla luce e sul movimento, nei suoi romanzi utilizzò un linguaggio simbolico e mistico (in netta contrapposizione al linguaggio futurista) per individuare le crepe della società patriarcale e a indagare la futura figura emancipata della donna, esponendo e dichiarando ad alta voce il desiderio sessuale femminile non solo al pari, ma persino superiore a quello dell’uomo.

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Lavoro similare fu quello di Rosa Rosà, pseudonimo di Edith Von Haynau (1884 – 1978), scrittrice e giornalista. Nel suo romanzo “la donna con tre anime”, attraverso la storia di Giorgina, Rosà denuncia la vita domestica, unica prerogativa della donna come reclusiva, limitante, noiosa e oppressiva e narra gli impulsi sessuali, del tutto nuovi nella protagonista, come primo passo verso una rivoluzione personale e definizione della donna del futuro.
E poi lei, last but not least, Valentine de Saint-Point (1875 – 1953): personalità eccentrica, scrittrice, danzatrice, coreografa, attrice, poetessa. Fu la prima a tirare fuori gli artigli e a rispondere a quel “disprezzo della donna” di Marinetti, nel primo manifesto del Futurismo, con “Manifesto della Donna Futurista” nel 1912 e “Manifesto della Lussuria”, nel 1913. Esordisce, nel primo:
“L’umanità è mediocre”
Non esiste superiorità dell’uomo o della donna; donne non si nasce, si diventa. È una questione, quindi, di energie maschili ed energie femminili, secondo Saint-Point, indipendenti dal sesso di nascita, ma anzi presenti in entrambi i generi. L’equilibrio tra le due energie forma la perfetta persona futurista.

Sesso Manifesto
L’unione carnale, continua Saint-Point nel secondo manifesto, è custode dei segreti tra due persone e non necessita né di amore, né del matrimonio per avvenire.
La donna è capace di desideri animaleschi al pari di un uomo, le principesse delle favole sono storielle passate. Vero è che il vigore futurista è affascinante, ma è altrettanto vero che la donna futurista sceglie, non si limita a farsi scegliere;
la donna è talmente potente nella sua forza creatrice che il sistema la vuole chiusa e silenziosa, spiega Cappa nel suo romanzo “Astra e il sottomarino”;
la donna non è immune all’eccitazione e agli stimoli sessuali, non nasce angioletto del focolare, il suo posto non è solo la casa, bensì è reattiva e recettiva ai cambiamenti che avvengono nel mondo e che accoglie in sé, è desiderosa di fare parte di questi, svela Rosà in “la donna con tre anime”.
Queste testimonianze artistiche e letterarie sovvertirono, o almeno ci provarono, il mondo per come era conosciuto fino a quel momento, partendo dal Futurismo stesso. Ci riuscirono?
MASCHILISTE!
Il Futurismo campò a pane e contraddizioni; la linfa vitale era la discussione vivace tra parti contrastanti.
Perciò, nonostante la misoginia di alcuni e il maschilismo di tutti, l’introduzione della compagine femminile non turbò più di tanto.
Anche perché loro, le futuriste, non mancarono di adattarsi al loro sistema. Misogine mai, maschiliste, però, sì.
Siamo nel primo decennio del Novecento quando il dissing manifesto tra Marinetti e Saint-Point va alle stampe. In italia, nel 1908, c’è il primo Congresso Nazionale delle Donne Italiane; l’industrializzazione che aveva concesso alle donne di lavorare nelle fabbriche ebbe, come conseguenza, una riflessione e una domanda riguardo la parità salariale; prendevano piede le prime lotte femministe.
A mettere d’accordo uomini e donne del Futurismo fu, quindi, l’astio nei confronti del femminismo.
Per Valentine de Saint-Point la grande pecca del femminismo fu la richiesta di diritti in quanto, qualora conquistati, sarebbe cessata l’agitazione permanente. E se togliete a un/a futurista l’agitazione, che gli/le resta?
Sia Saint-Point, sia Rosà, come accennato precedentemente, distinguono l’energia tra femminile e maschile. Era tutto così meravigliosamente queer, fino a quando entrambe convennero su quanto fosse auspicabile, per la donna, potenziare la propria energia maschile, in quanto la virilità è l’unica cosa che rende una persona davvero valorosa (e valida).
Cappa sognava sì una donna emancipata, ma lei stessa si definiva una “Madonna moderna” promuovendo il binomio santa-puttana che fa, tutt’oggi, comodo solo agli uomini.
Com’è possibile, quindi, che le stesse donne che tanto favoreggiano l’emancipazione intima e sessuale aderiscano così perfettamente a una concezione tanto maschilista e maschiocentrica della realtà?
A questa domanda si può rispondere guardando al nostro oggi, quando ancora, nonostante tutti i mezzi a disposizione per studiare e comprendere, è possibile trovare donne orgogliosamente maschiliste: il condizionamento sociale.
E per le futuriste, in ogni caso, il periodo storico non regalava neanche piani di dibattito nel politico, né effettivi diritti.
Attraverso i sistemi dell’arte e della letteratura, loro ebbero un coraggio che in nessun’altra Avanguardia fu tirato fuori, per discutere la posizione sociale della donna. Ma, dovendo aprire una strada, non fu facile ribaltare il sistema stravolgendolo dall’interno (soprattutto di se stesse); aprirono la pista in un contesto dove considerare la donna come soggetto era cosa inedita e mai pensata. Fecero un tentativo valido, seppur macchiato da un compromesso di forma.
La loro più grande eredità sono proprio queste prime fondamenta di sessualità positiva (una visione a-monogamica del rapporto sessuale, la detronizzazione del romanticismo come unica validazione del sesso, il desiderio come linguaggio tra gli esseri) nonostante il contesto avverso.
D’altronde, erano Futuriste.
Io le sento un po’ dentro di me, anche se fanno a cazzottoni con il mio tempo.
E tu?