Romaine Brooks – dandy erotica

Preparare gli articoli per la rubrica LCDV è sempre una fatica. Poi se si cambia strada all’improvviso, ancora peggio; ma se questa strada ti porta da Romaine Brooks, il varco storico-spazio-temporale diventa molto interessante.

Romaine Brooks, “saffica con carattere”[1]

Romaine Brooks, nata Beatrice Romaine Goddard (1874-1967) ha scritto l’epitaffio della sua lapide prima ancora che la morte fosse tra i suoi piani:

“here’s are the remains of Romaine, who remains Romaine”

(qui giacciono i resti di Romaine, così che resti Romaine – ci si prova a ridare la musicalità)

Cresciuta in una famiglia disfunzionale – madre anaffettiva ossessionata dalle cure per il fratello maggiore con problemi mentali – dalla quale però ha ereditato la fortuna che le ha permesso di vivere e lavorare con la sua arte in maniera autonoma, ha vissuto tra Roma, Capri (la prima città quella in cui studiò pittura, la seconda quella in cui scoprì il suo orientamento sessuale), Londra e Parigi, quest’ultima fu la città dove visse e crebbe di fama, prima di trasferirsi a Nizza, dove morì.

Romaine Brooks è stata una pittrice molto importante, collocatasi in un periodo storico – quello tra le due Guerre -, in cui la comunità queer, seppur ai margini delle metropoli europee, iniziava a farsi sentire sempre di più.

Lei fu un’artista donna, indipendente e dichiaratamente lesbica. Voliamo alto? Voliamo alto.
I suoi anni a Parigi la resero celebre sia per la sua arte che per il suo gusto nell’arredamento; l’alta borghesia richiedeva sempre un suo consulto o un suo ritratto. Di ritratti, però, non fece mai troppe commissioni poiché lei dipingeva solo qualcuno/a/u che le trasmettesse qualcosa, che facesse click con la sua immaginazione.

Potete riconoscere le opere di Romaine Brooks per due caratteristiche distintive: la tavolozza di grigi e l’austerità con cui sono ritratti i personaggi.

Le donne vestite…

la camera di valentina
Peter, una giovane ragazza inglese, 1924, Romaine Brooks
https://arthistoryproject.com/artists/romaine-brooks/

A proposito di austerità, le donne ritratte da lei hanno, grazie alla sua mano e alla sua visione, molto di innovativo e rivoluzionario.

Siamo a cavallo tra gli anni ‘20 e ‘30 del secolo, anni in cui sgomitava una nuova idea di donna, letteralmente definita “New Woman”, una donna emancipata, combattente, sessualmente disinibita, non più un angelo borghese del focolare (abbiamo visto qualcosa quando abbiamo incontrato le ragazzacce del futurismo), con tutte le contraddizioni del contesto storico, s’intende.

la camera di valentina
una Troubridge, 1924, Romaine Brooks
https://arthistoryproject.com/artists/romaine-brooks/

Le donne di Romaine Brooks non sono quindi solo muse, ma eroine moderne, con la sicurezza e l’eleganza che derivano dall’essere consapevoli di sé; figure loro, che si stagliano dal paesaggio, in una solitudine che non le isola, ma le eleva.

Il vestiario prettamente maschile di molti ritratti di Brooks non è dettato dal suo gusto personale (a partire dal suo autoritratto, del 1923, che ha fatto da apripista al genere), ma è un vero e proprio code dressing per le donne lesbiche. Era una pratica diffusa quella del cross dressing (la pratica di indossare i vestiti tipici del genere opposto) nella comunità queer altolocata, e con questi ritratti Brooks consegnò proprio a questa comunità un riconoscimento grafico, dunque iconico, che potesse rappresentarla.

… e quelle nude

la camera di valentina
Azalee bianche, 1910, Romaine Brooks
https://arthistoryproject.com/artists/romaine-brooks/

Se le donne vestite diventano simbolo queer, quelle nude incorporano il significato di emancipazione della donna, di qualunque identità e orientamento. Queste modelle di nudo si distanziano dalla musa dello sguardo maschile, fino a quel momento prevalente. La stessa palette di grigi e la stessa austerità svincolano il corpo nudo femminile dal dovere di compiacere.

Queste donne sono erotiche, intense, vagamente oscure e distanti – cioè indipendenti

Lo sguardo finora padrone cade nella sua pretesa di essere deliziato e si ammutolisce, comprendendo persino di essere di troppo, in un momento di intimità che non richiede la sua presenza.

Hanno provato in tutti i modi a ricavare analogie tra “le azalee bianche” (1910) e altri nudi della storia: la Maya nuda di Goya, L’Olympia di Manet, la Venere di Tiziano, ma per quanto possa esserci una parentela con la posa, la verità è che quel nudo di Brooks non ha nulla a che vedere con le donne degli altri: è proprio una donna “nuova”, in un tempo in via di innovazione, che vive nella sua corporeità senza badare troppo all’esterno.

Romaine Brooks, dandy per stile, queer e libera erotica.



[1] definizione di Cassandra Langer, storica e critica d’arte, autrice di “Romaine Brooks, A Life”
Fonti:
Lea Vergine, “L’altra metà delle avanguardia, 1910-1940. Pittrici e scultrici nei movimenti delle avanguardie storiche”, il Saggiatore, edizione 2005,

link: https://arthistoryproject.com/artists/romaine-brooks/
https://americanart.si.edu/artist/romaine-brooks-599
https://www.culturagay.it/biografia/172
https://awarewomenartists.com/artiste/romaine-brooks/

paper: https://www.academia.edu/36330139/A_Portrait_of_Queer_and_Expatriate_Paris_Romaine_Brooks_1923_Self_Portrait_and_the_Continuance_of_a_Lesbian_Sartorial_Code
https://www.academia.edu/44970839/Un_passo_indietro_la_scelta_di_Romaine_Brooks
https://www.academia.edu/26859576/Art_of_Romaine_Brooks

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