Storie di Strada 6: lontano dagli occhi…

Indoor: il fenomeno della prostituzione in casa, in Italia

Stella, Santo Domingo

Stella ha i capelli rosso fuoco, gli occhi scuri e un corpo giunonico.

«Mia mamma dice che sono grassa…secondo te? Secondo me no»

Mi disse, scrutandosi allo specchio, durante il primo accompagnamento sanitario. Supportata dalla sorella maggiore, ha deciso di venire in l’Italia per poter garantire al figlio un futuro migliore.

«Vivo con mia sorella e mio nipote. Anche lei lavora. Si sposta sempre…lavora in tante città. Io faccio poco, lavoro ogni 15 giorni. Affitto delle case in varie città. Ci alterniamo: quando lavora lei io mi occupo della casa e del bambino, quando lavoro io, se ne occupa lei. A me non piace molto questo lavoro qui però. Non ho mai avuto problemi con i clienti, ma ci vuole tanta pazienza!»

Cristina, Romania

Cristina ha i capelli biondi, l’eyeliner grigio fumo ed è solita posizionarsi con il culo rivolto verso la strada, per attirare più clienti.

«Io lavoro anche in casa. Pubblico in vari siti, ma non metto la foto della faccia. La maggior parte delle foto che mettono le tipe sono finte. Le copiano da altre, così come gli annunci. Tutto copiato. Io vado a casa loro o in hotel. Sono una escort io!»

«E i prezzi come sono?» le chiedo

«Insomma. In casa c’è gente che chiede 45. Se fanno così, io, in strada, cosa posso chiedere!? I clienti mi dicono che ci sono pure ragazzine di 16 anni che si fanno pagare 15 euro per farsi la ricarica. Poi in casa ci sono molte che fanno tutto scoperto! Preferisco la strada».

Alice, Ucraina

Alice. ha la mia età. È di origine ucraina, ma è cresciuta in Italia. Dopo aver lavorato nei night, su consiglio di un’amica, da circa un mese, ha deciso di lavorare in casa.

«Nei night non è bello. Devi convincere i clienti a bere e alla fine bevi anche tu. Poi si portano fuori o dentro il locale, alcuni hanno uno spazio adibito. Ora devo dire che mi trovo abbastanza bene. L’unico problema è l’appartamento perché quello dove sto adesso è troppo centrale e brutto».

«Stai già facendo i tour?»

Le chiedo (“tour” è il termine usato per indicare gli spostamenti  delle/dei sex workers tra varie città, a scopo lavorativo).

«La mia amica me lo dice. Vai a Bologna dice. Vai a Milano dice. Ma che cazzo ci vado a fare?! Ci sono già tanti cazzi qua» dice ridendo. «Quando li finisco, ci vado!».

Tania, Perù 

Tania è una trans peruviana. Rispetto alle altre conosciute in strada, è timida e riservata. Tra un bicchiere di birra e una sigaretta mi racconta che, dopo aver lavorato in strada per diversi anni, ha deciso di lavorare in appartamento.

«Mi sento più tranquilla. Ti pagano di più e non devo restare lì ferma in strada per 20/30 euro. In casa 70 o 100 e basta. Poi penso che sia più sicuro, i clienti sono molto diversi da quelli che si incontrano in strada. In strada ci va chiunque…mentre quelli che ti trovano da internet sono più che altro signori di casa che hanno una doppia vita o che magari vogliono soddisfare qualche fantasia».

«E se ti dovesse succedere qualcosa? Non ci sono le tue compagne vicino che ti possono dare una mano…»

Le chiedo, ricordando le parole di alcune persone “pro-strada”.

«Credo che dipenda dalla situazione. Perché può succedere che sei in strada e non c’è nessuna vicina a te, oppure che ti facciano salire in macchina e ti portino lontano. Io quando sono a casa aspetto il cliente fuori e lascio la porta di una stanza socchiusa con la televisione accesa e dico al cliente: “Non parlare ad alta voce perché c’è il mio ragazzo di là che dorme!”. Sono cose che impari con il tempo»

«E come funziona la pubblicazione?», chiedo curiosa.

«Guarda, è facilissimo! Ora ci sono i pubblicisti, basta solo dargli le foto e i soldi e loro ti pubblicano l’annuncio su Bakeca. Ci sono varie opzioni, ad esempio per 4 giorni o una settimana. Io compro i crediti su Bakeca e pubblico da sola quando posso lavorare. Mi programmo da sola. Lascio il numero di cellulare e mi chiamano con preavviso e niente…arrivano i clienti. Io pubblico soprattutto di notte, ma i clienti che vengono la notte mi chiamano durante il giorno, all’ora di pranzo o quando finiscono di lavorare. Ci sono anche quelli che chiamano per disturbarti»

«I guadagni?»

«Chiedo 70 euro. Se loro ti chiedono uno sconto arrivo a 50. Nella mia peggiore settimana guadagno 800 euro. Quando giro dipende dalla città in cui mi trovo. Recentemente sono andata a Como e lì ho lavorato molto bene. In una settimana ho fatto 2000 euro…arrivavano molti clienti dalla Svizzera».


«Ciao! Ho trovato il tuo numero su Bacheka. Ti posso disturbare 5 minuti?»

Solitamente, il contatto – rigorosamente telefonico – con le persone che lavorano in casa inizia così. Ma che cosa significa lavorare al chiuso in Italia? Chi sono gli attori coinvolti nel mercato? E ancora, la prostituzione esercitata in casa può essere una soluzione all’insicurezza?

La prostituzione è strettamente connessa ai cambiamenti storici, politici ed economici; pertanto cambia, si evolve, assume nuove forme, sempre più sfumate, sempre meno circoscrivibili.

Se fino alla fine degli anni 90 la strada si configurava come il luogo principale di esercizio della pratica prostitutiva, a partire dal 2000 si assiste ad un aumento della prostituzione indoor, ovvero quella esercitata negli appartamenti, locali notturni e centri massaggio.

Oggi, agli inizi del 2020, possiamo affermare con certezza che circa 2/3 della prostituzione si svolge indoor.

Il progressivo spostamento dalla strada al chiuso e la compenetrazione dei due mercati ha ragioni politiche, culturali ed economiche.

Le ordinanze comunali antiprostituzione, l’inasprimento delle politiche migratorie, unite ad un’intensificazione dell’utilizzo di Internet e smartphone sono solo alcune di queste.

Peraltro, è del 2002 il disegno di legge Bossi-Fini-Prestigiacomo, approvato dal consiglio dei ministri, che prevedeva l’eliminazione della prostituzione su strada e la regolarizzazione di quella svolta al chiuso – con controlli sanitari inclusi, ça va sans dire.

In una ricerca condotta in Emilia-Romagna[1] nel 2010, emerge la presenza di donne (60-70%), seguite dalle trans (20-30%) e infine dagli uomini (3-5%). La maggior parte delle persone contattate ha un’età compresa tra 18 e 35 anni, con una presenza di over 50enni per le donne italiane e le trans. Per quanto riguarda la provenienza geografica, troviamo soprattutto persone di nazionalità italiana (in aumento), sudamericana, est-europea, cinese e africana.

Al contrario del mercato della strada che sembra più stanziale, quello degli appartamenti è estremamente mobile. Sono molte le lavoratrici che si spostano non solo a livello regionale, ma anche nazionale e internazionale.

Non è raro infatti vedere lo stesso annuncio comparire in un’altra città a distanza di pochi giorni. Le presenze più fisse sul territorio potrebbero essere legate ad appartamenti di prostituzione organizzata, in cui le/ lavoratrici/lavoratori si alternano, oppure a persone che vivono sul territorio da svariati anni, e che magari svolgono anche una seconda professione.

In aumento infatti, le persone che utilizzano la prostituzione come lavoro saltuario: «lo faccio così, ogni tanto…se capita, se ho la casa libera» diceva Rosanna, una travestita conosciuta su Loovo.

Oltre alle/ai sex workers e i/le clienti, nel mercato indoor sono presenti alcuni soggetti terzi, impegnati a vario livello nella gestione e controllo del mercato. Mi riferisco non solo a eventuali protettori/protettrici, ma a delle vere e proprie agenzie immobiliari o singoli intermediari occupati nella ricerca di immobili a scopo prostitutivo, oltre che ai promotori pubblicitari dei giornali e dei siti web.

Infatti, l’elemento che più caratterizza il lavoro indoor è l’attivazione di canali di promozione dei propri servizi sessuali.

La pubblicazione degli annunci avviene attraverso siti internet più o meno specializzati nell’offerta di sesso, riviste cartacee, e – anche se in modo diverso – dating app.

Gli annunci online, croce ma, soprattutto, delizia del mio lavoro di monitoraggio, si dividono in due grandi categorie: l’annuncio diretto, esplicativo, e l’annuncio più pacato, quasi poetico.

Vi avverto: se siete grammar nazi, saltate questo pezzo.

“NEW NEW APPENA ARRIVATA (lallero…sarà qui dal 15/18). REGINA DEL POMPINO E MASSAGGIO PROSTATICO. VERA FIGGA CALDISIMA ❤❤

POMPINO AL NATURALE 👄👄+ SBORRATA LIBERA 💦💦– SCOPATA IN TUTTE LE POSIZIONI-. MI PIACE TANTISSIMO FARE IL 69, HO UN 💓💓💓BELLISSIMO CULO, UNA PATATINA 😋😋STRETTA. UNA BELLA SPAGNOLA ALL NATURALE? PUOI SCOPARMI PER BENE POI PRENDERMI PER I CAPELLI E SBORRARMI SULLE TETTE … _SPAGNOLA. 69… TI ASSICURO TI FARO GODERE💋💋!!

FOTO REALI 100%” (lallero n’altra volta)

Bellissima top trans brasiliana. Una vera bambolina trasgressiva con 23 motivi (adoro) per venirmi a trovare. Disponibilissima per persone distinte ed educate. Fisico mozzafiato, dolce e dalla pelle vellutata e profumata, preliminari unici e sempre pronta per ogni tuo desiderio. Ambiente riservato.

Un minuto per trovarmi…. una vita per scordarmi…. (adoro bis)
No anonimi e no sms

E ancora:

“Caldo uomo italiano, fisico statuario, travolgente ed esperto. Senza limiti e trasgressivo, unico per le tue serate, cene ed hotel. Solo per chi veramente desidera il meglio e vivere i propri sogni ad occhi aperti!!! Sarà mia premura coccolarti in ogni senso… Anzi sarò come il tuo nettare… Disponibile per uomini, donne e coppie, ricevo in ambiente privato, climatizzato e pulito. Non aspettare, potresti pentirti.”


Gli annunci, oltre alla descrizione più o meno dettagliata di sé e del proprio corpo comprendono spesso l’elenco delle prestazioni offerte. Rispetto ai servizi, il sex work indoor sembra offrire molta più varietà, rispetto alla strada dove le sex worker offrono una prestazione “standard” («che cazzo vuoi? bocca figa e basta. Noi non siamo come quelle che ti dicono amore di qua amore di là» diceva quel zuccherino di Nicole).

Alcune, come nel secondo caso, esplicitano limiti e richieste: “no stranieri”, “solo educati e distinti”, “solo puliti”. Ad impreziosire l’annuncio troviamo poi foto, video e/o gif che ritraggono la/il lavoratrice/lavoratore in questione in posizioni provocanti, o per così dire, all’opera. Il testo si conclude con l’età, la zona e il numero di telefono.

Come racconta Tania, la pubblicazione ha un costo. In uno dei siti maggiormente utilizzati dalle/dai sex workers, l’offerta Base per 15 giorni costa 100 euro, quella Top 150, quella Class 200, e così a salire.

I costi di pubblicazione, uniti ai costi di affitto dell’appartamento, rendono la prostituzione indoor più dispendiosa, e quindi non adatta a tutt*. Gli appartamenti sono spesso condivisi da più persone della stessa nazionalità e si concentrano per lo più in zone periferiche, facilmente raggiungibili in macchina e maggiormente riservate.

Ed è sulla riservatezza e dunque l’invisibilità che fa leva una linea di pensiero che vede il lavoro in casa come maggiormente tollerabile.

Se proprio devi fare la puttana, falla a casa, e se puoi chiudi bene le tende, nasconditi. Il concetto è questo.

Dall’indagine citata in precedenza, emerge come la percezione sociale della prostituzione indoor sia completamente diversa da quella esercitata in strada, che nelle cronache cittadine appare associata allo sfruttamento e al degrado. Quella in appartamento invece, viene percepita quasi come un’attività imprenditoriale, svolta in completa autonomia.

Però, come sempre, le rappresentazioni uniche non solo restituiscono la complessità della realtà, ma sono anche pericolose. Non mi stancherò mai di ripeterlo: il mondo della prostituzione è un mondo che racchiude tanti mondi.

E il mercato dell’indoor è a sua volta un universo che contiene un numero infinito di storie, luoghi e soggettività.

Quello della riapertura dei bordelli è una carta sfoderata a più riprese, da vari partiti e governi. L’ultima proposta arriva dal senatore leghista Gianfranco Rufa, il quale, il 7 febbraio dello scorso anno, presentava un disegno di legge che vietava la prostituzione nei luoghi pubblici e prevedeva la riapertura delle case chiuse, con registro e controlli sanitari annessi. «E’ un gesto di civiltà nei riguardi delle prostitute che sono in strada, ma anche per il decoro e l’immagine delle strade» ha commentato il parlamentare.

È proprio questo il problema. Non è la legalizzazione delle case chiuse – che in ogni caso assumerebbero più la forma di appartamenti condivisi e autogestiti più che quella dei bordelli di stato pre ’58 – ma l’idea che la prostituzione vada nascosta, resa invisibile in nome del decoro e del buon costume.

Il problema è l’idea che la società debba essere difesa e protetta dalla prostituzione, parafrasando la Serughetti.[2] In questo quadro, il bordello appare quindi il male minore.

L’obiettivo della lega è chiaro: toglierle le prostitute dalle strade. Ma cari amici e amiche, l’apertura delle case, non è direttamente proporzionale alla scomparsa della prostituzione su strada, né coincide con l’eliminazione dello sfruttamento.

La maggior parte delle persone che lavorano in strada sono migranti, senza documenti, e quindi non potrebbero lavorare nelle case legalizzate, destinate alle prostitute bianche, europee, autonome.

Dove finirebbero le altre, quelle straniere, non europee, magari in situazioni di vulnerabilità? La risposta la sappiamo già. Verrebbero espulse e rimpatriate oppure continuerebbero a lavorare nel sommerso, magari in strade sempre più buie o in appartamenti sempre più isolati; sempre che non decidano di aderire a dei programmi di salvataggio e protezione, sempre più eurocentrici e paternalistici.

Signor Rufa, se lo lasci dire: i gesti di civiltà sono altri.


[2] Claudia Torrisi, Cosa succederebbe se in Italia si riaprissero le case chiuse, 19 gennaio 2018, VICE, https://www.vice.com/it/article/a3n8va/cosa-succederebbe-se-si-riaprissero-le-case-chiuse

[1] Nel 2008 in Emilia-Romagna nasce il progetto InVisibile, con l’obiettivo di effettuare azioni di monitoraggio e di contatto con le/i sex workers che lavorano in luoghi chiusi.

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